Principio di democraticità: contestazioni sollevate alle associazioni sportive dilettantistiche
Una delle contestazioni che spesso sono sollevate nei confronti delle associazioni sportive dilettantistiche da parte degli uffici finanziari è la violazione del principio di democraticità della gestione, contenuto nell’articolo 148 comma 8 lettera c) del Testo Unico delle Imposte sui redditi.
La clausola suddetta prevede per le associazioni “la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori di età il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione”.
Ad esempio, ad alcune associazioni è stato contestato che i verbali delle assemblee e del consiglio direttivo risultano sottoscritti solo da alcuni soggetti, o sempre e solo dallo stesso soggetto, che non è stata convocata l’assemblea con modalità idonee a che tutti gli associati ne venissero a conoscenza, che i verbali non riferiscono il numero degli intervenuti ed i loro nomi, (pertanto non è possibile verificare il raggiungimento dei quorum necessari per la validità delle deliberazioni assembleari), che il rendiconto è un documento disgiunto dal verbale di assemblea (pertanto non vi è la certezza che esso sia stato portato a conoscenza dei soci) e così via, tutti elementi indiziari che spesso hanno portato a disconoscere le norme agevolative di settore ai soggetti che le avevano invocate, con tutte le conseguenze del caso in termini sanzionatori.
Tuttavia, copiosa giurisprudenza ha portato ad affermare che le agevolazioni fiscali riconosciute dall’articolo 148 del TUIR alle associazioni sportive dilettantistiche (la decommercializzazione dei corrispettivi specifici) non possono essere disconosciute per mere contestazioni relative ad inadempimenti di ordine squisitamente formale, ma occorre prova contraria da parte dell’amministrazione finanziaria in merito all’insussistenza delle condizioni per la realizzazione delle finalità dell’ente.
Principio di democraticità: analisi di alcune Sentenze
A questo proposito, la Sentenza della C.T. Provinciale di Ferrara n. 215/6/14 invocando la circolare n. 9/E del 2013 dell’Agenzia delle Entrate afferma che “la violazione degli obblighi statutari volti all’attuazione del principio di democraticità può comportare la decadenza dalle agevolazioni fiscali, ma solo nel caso in cui non sia possibile dimostrare altrimenti la vera natura non profit dell’attività in concreto svolta…e l’effettiva sussistenza delle condizioni per la realizzazione delle finalità istituzionali” ponendo dunque l’accento su requisiti sostanziali, piuttosto che sulla mera osservanza di obblighi formali, asserendo che “Ciò che conta è l’adozione ed il rispetto in concreto di modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto associativo, come previsto dall’articolo 148 comma 8 lettera c), al di là dei formalismi”.
Secondo la Sentenza della C.T.R. Aosta 13-04-2015 n. 8/2/2015 inoltre, la violazione del principio di democraticità presuppone un’indagine di tipo qualitativo molto più approfondita e accurata, non certo basata su semplici indizi e circostanze.
La mancata indicazione del numero dei partecipanti, dei loro nomi, della sottoscrizione solo del Presidente e segretario, la supposta inidonea convocazione delle assemblee, un rendiconto “fisicamente” disgiunto da un verbale o finanziamenti infruttiferi da parte di soci per coprire le perdite di gestione, non possono essere utilizzati quale scorciatoia dagli uffici finanziari per disconoscere i benefici fiscali delle ASD, in quanto non hanno alcun presupposto giuridico nell’ambito delle norme tributarie di settore.
La Sentenza della C.T.R. Torino 16-10-2015 n. 1051/34/15 stabilisce che è “più corretto dare una valutazione complessiva dell’associazione piuttosto che rilevanza a specifiche inadempienze” e la Sentenza della C.T.R. Torino n. 806/24/14 sostiene che se è vero che spetta all’associazione fornire prova del diritto di godere del regime agevolato di favore è però altrettanto vero che l’Ufficio ha contestato la natura associativa del ricorrente sulla base di “un modello astratto assunto a riferimento e da loro implicitamente elaborato di cui non è affatto chiara la configurazione”.
Pertanto, solo dall’esame dei verbali dell’associazione, senza una verifica dell’attività svolta nel complesso, senza un’analisi accurata delle modalità di svolgimento della gestione dell’associazione e dell’iter procedurale del processo decisionale, le deduzioni dell’Ufficio risultano del tutto infondate.
Principio di democraticità: gli strumenti telematici
Argomentato il concetto della democraticità, tuttavia, e superati gli eccessivi formalismi pretesi dai verificatori, ci si chiede se sia possibile semplificare le modalità di celebrazione delle assemblee, spesso poco partecipate.
Nello specifico, alcuni consulenti ed operatori del settore, per ovviare alla scarsa partecipazione alle assemblee, suggeriscono lo svolgimento di “assemblee telematiche” ovvero per audioconferenza o videoconferenza, specie nei casi di non semplice raduno di molti associati disseminati sul territorio nazionale.
Le assemblee dei soci certamente si possono svolgere anche in più luoghi, per audioconferenza o videoconferenza, a condizione tuttavia che sia consentito al Presidente dell’Assemblea di accertare l’identità e la legittimazione degli intervenuti e di regolare lo svolgimento dell’adunanza, e che ovviamente ciò sia consentito dallo statuto.
Alcuni, estremizzando, propongono addirittura l’utilizzo di social network, quali “Facebook”, piattaforma telematica aperta ad una platea infinita di soggetti e di uso ormai universalmente riconosciuto.
Tuttavia il quesito da porsi è il seguente: il principio della collegialità è realizzato col sistema della videoconferenza o dell’”assemblea telematica”?
In particolare, con questi nuovi strumenti, è necessario verificare se sono soddisfatti i presupposti e le condizioni che la giurisprudenza ha indicato per le riunioni collegiali ovvero:
– possibilità di identificare tutti i partecipanti;
– possibilità di seguire il dibattito;
– possibilità di intervenire in tempo reale nella trattazione degli argomenti in discussione;
– possibilità di consultare, ricevere e visionare documenti.
Facebook pare non rispettare alcuni di questi requisiti, in quanto strumento non idoneo a garantire l’identità dei partecipanti all’evento “Assemblea” né quindi tantomeno il raggiungimento dei quorum necessari per deliberare. Il profilo Facebook garantisce l’identità del partecipante all’assemblea?
Tale strumento potrebbe essere assimilato alla consultazione scritta, ma pare non possederne i requisiti di riservatezza e professionalità, considerata le delicatezza della materia trattata e l’importanza dei documenti che vanno postati (rendiconti e così via).
Inoltre, il consenso espresso per iscritto (se così può essere definito una discussione o un “Mi piace” su Facebook) deve essere trascritto in un verbale di assemblea e deve lasciare traccia tangibile e inalterata nel tempo. Come archiviare i post ed i commenti?
Facebook è uno strumento ricreativo che certamente ha delle grandi potenzialità, ma che presenta molte lacune in merito ai requisiti indispensabili a garantire un’assemblea partecipata, informata, consapevole e riservata.
Gli amministratori hanno il dovere di convocare l’assemblea con metodi che garantiscano corretta informazione, chiarezza espositiva, semplicità di accesso ai documenti, competenza e conoscenza, adeguato supporto alle decisioni, ed infine, adeguata e corretta verbalizzazione.
Facebook non pare lo strumento più consono a garantire tutto questo.